Lupi e porcospini fanno squadra.

La forza del lupo è il branco. La forza del branco è il lupo.

R. Kipling

Non siamo soli. Mai. Nel lavoro, nella vita. C’è sempre un buon motivo per lavorare insieme a qualcuno: lavoro di squadra, lavoro in team. Oppure ciò che in ambito sportivo si chiama gioco di squadra. E per raggiungere certi risultati, nello sport, come nel lavoro, il lavoro di squadra diventa necessità.

Fondamentalmente, si può affermare che  un gruppo è “un insieme di individui che interagiscono fra loro influenzandosi reciprocamente e che condividono, più o meno consapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e norme comportamentali”.

I singoli, presi nella loro individualità, non bastano: occorre che ogni elemento apporti, all’interno della squadra, ciò che è necessario al suo buon funzionamento e lasci fuori ciò che risulta superfluo o addirittura inopportuno o pericoloso alla sua sopravvivenza. Ogni persona ha dei ruoli all’interno della squadra e il modo in cui ognuna è, agisce, interagisce può rafforzare o distruggere il team.

Un qualsiasi team ha bisogno che ogni elemento sia e si senta parte di quel team a prescindere da se stesso come unica individualità. E non è così ovvio. No, perché le individualità escono fuori, appena ci si rilassa. Basta una distrazione e zac! Il gruppo perde equilibrio e fiducia in se stesso. E ciò che si era costruito cade. Come in un coro: nel momento in cui una voce è più forte o più debole delle altre, un elemento non segue gli altri e fa di testa sua, il coro perde la sua unicità e diventa solo un insieme di persone.

Un ruolo fondamentale  è quello del coach, sia esso allenatore, responsabile risorse umane, direttore del coro. È sua la responsabilità creare quel senso del noi che fa di una squadra una squadra.

Un gruppo diventa squadra, quando capisce che è lo stare insieme, con la giusta distanza e una buona dose di compromesso ad essere vincente.

I componenti di una famiglia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté il dolore di prima; di modo che erano confusi fra i due mali: il freddo e il dolore. Finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.
A. Schopenhauer

Tatiana Cazzaro
copywriter relazionale e communication strategist
Da bambina scrivevo sui muri. Oggi scrivo dappertutto. Mi occupo di scrittura, strategie di comunicazione e formazione. Aiuto le persone e le imprese (che sono fatte di persone) a scoprire un modo nuovo di comunicare e raccontarsi, che parte da chi vogliono diventare.
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