Comunicare in pubblico è mettersi in relazione con l’altro

Da ottobre insegno public speaking in diverse classi. Ho incontrato e conosciuto circa 80 persone, diverse tra loro ma tutte accomunate da una cosa: voler risolvere un (loro) problema legato al comunicare (in pubblico). Alcuni hanno pensato insegnassi a vendere meglio e a diventare un bravo venditore, altri mi hanno chiesto “frasi fatte” per convincere, altri ancora come smettere di avere paura.
Sulla paura ho scritto la scorsa settimana e, a mio parere, la paura ha sempre a che fare con l’esporsi. Alla paura non c’è scampo: o la affronti o la subisci. Se decidi di subirla puoi continuare a stare nascosto e lasciare ad altri lo spazio che potrebbe essere anche tuo. Se invece decidi di affrontarla è quello che io chiamo coraggio. Il coraggio di prendere in mano qualcosa che ti sta stretto e ti sta impedendo di evolvere, se lo vuoi.
Comunicare in con un pubblico è concentrarsi sul costruire una relazione.
Quello che insegno sul comunicare con un pubblico ha a che fare con la verità, non con la finzione. Si basa sull’ascolto, invece che sull’autoreferenzialità. Si fonda sulla relazione attraverso un dialogo tra umani non su un monologo. Parlare in pubblico non è influenzare il comportamento umano delle persone che hai di fronte e convincerle a fare qualcosa solo perché lo stai chiedendo loro.
Parlare in pubblico è una relazione continua tra te e il tuo pubblico dove succede qualcosa in un momento presente che nasce e ruota intorno a quella relazione.
Perché quel qualcosa succeda dobbiamo tenere conto dell’esperienza che si sta svolgendo e che riguarda l’insieme armonico di contenuto, forma e relazione. Quindi, ha a che fare con il comunicare, sia sul piano dell’esprimere (qualcosa) sia sul piano del trasmettere (quel qualcosa a qualcuno).
Paul Watzlawick, in Pragmatica della comunicazione umana ci dice che ogni processo comunicativo tra esseri umani è sempre composto da due diverse dimensioni: il piano del contenuto esplicito (ciò che ci dicono le parole in base a una grammatica condivisa) e il piano della relazione (implicito), espresso molto più spesso dal linguaggio non verbale.
Il piano del contenuto: le parole che fanno accadere le cose
La parole sono importanti e per fare breccia nel cuore e nella testa di ogni persona che hai fronte devi fare in modo che la tua idea sia interessante, chiara e memorabile. La conditio sine qua non è avere una grande idea intorno alla quale costruire un messaggio che, fai attenzione, metta al centro loro e li includa.
I testi che funzionano sono quelli che fanno accadere qualcosa tra le persone: tra te e loro, tra loro e altri. Le parole sono strumenti potenti e, come chiavi, possono aprirci le porte verso gli altri, aiutandoci a connetterci a loro. Quando smettiamo di mettere in scena un monologo e iniziamo a pensare a un dialogo stiamo facendo un passo verso l’altro per conoscerlo, capire di cosa ha bisogno e comprendere quali sono i suoi problemi, per dare soluzioni, ispirazioni, punti di vista nuovi.
Il piano dell’espressione: il corpo e la voce
La comunicazione non verbale e quella para verbale sono importanti quanto quella verbale e possono rafforzare o indebolire quanto si sta dicendo.
La voce è il nostro strumento musicale naturale e come tale va preparato, educato e controllato. Se usata bene, la voce può aiutare a esprimere il messaggio con più forza e a renderlo davvero efficace. Quali sono gli strumenti che già ci appartengono ma che ignoriamo e diamo per scontati? Sono strumenti potenti che ci possono aiutare a migliorare l’espressione del nostro messaggio: il timbro, il registro, il ritmo, il tono, la velocità.
Julian Treasure dice che la voce è come un motore e per farla funzionare va scaldata e preparata.
Se per parlare c’è bisogno di un apparato vocale e di una bocca, non possiamo dimenticare che intorno c’è una faccia e sotto c’è un corpo che continua a comportarsi qualsiasi cosa facciamo. Anche quando smettiamo di parlare e stiamo in silenzio.
Ogni gesto che facciamo ha un significato. La comunicazione non verbale avviene ed è fuori dal nostro controllo. Più siamo naturali e spontanei, più il nostro corpo ci accompagnerà sostenendo e rafforzando quanto stiamo dicendo. Al contrario, più tentiamo di controllarci più risulteremo incoerenti. Se voce e corpo sono incongruenti il pubblico crederà a quello che sta raccontando il corpo.
Il piano della relazione: comunicare significa costruire e mettere in comune
Comunicare dovrebbe essere la cosa più semplice del mondo e invece fatichiamo a trasmettere quel che dobbiamo dire e a farlo arrivare alle persone con lo stesso significato che noi gli abbiamo dato. In altre parole, è difficile farsi capire.
Già che ci siamo, parliamo ancora di paura. Parlare in pubblico è considerato uno dei disagi più diffusi. Tutto parte dal terrore di esporsi, di essere giudicati, di fallire. Per imparare a parlare in pubblico dobbiamo smettere di pensare di voler raggiungere la perfezione e concentrarci invece sul togliere gli ostacoli che ci rendono poco naturali, che ci allontanano dalla nostra essenza e dalla nostra naturalezza, e che ci impediscono di metterci davvero in relazione con l’altro.
Dando valore alla relazione con le persone che ho di fronte posso iniziare non solo a parlare in pubblico, ma a comunicare con un pubblico. E ricordare che ancora prima di convincere, persuadere, vendere, informare, dobbiamo mettere in comune qualcosa che prima era solo nostro e che ora può essere condiviso con qualcun altro.
La cosa più vera che ho scoperto è che il public speaking si prova sulla propria pelle: ci si mette in gioco, ci si sporca, si sta zitti e si ascolta tantissimo.
Quello che insegno ai miei corsi non è solo come parlare in pubblico. Ha molto più a che fare con l’imparare ad ascoltare, sentire, provare, connettersi e spiccare il volo verso l’altro.
Il 17 aprile voglio mettere in scena questo corso per l’ultima volta. Vuoi spiccare il volo e lasciare il segno?
Iscriviti al laboratorio del 17 aprile a Torino.
Saremo allo Spazio Figo!
Grazie! Un ottimo condensato di quello che abbiamo imparato nel corso
Grazie, Giuliano! 🙂